walter cassani
2010-03-01 17:50:14 UTC
Chissà se Smargiassi raccoglie la sfida ?
L'inattesa Variabilità della Luce porta la
Costante di Struttura Fine all'intero 137.
Come si può vedere dalla TOC http://www.albertavevaragione.com
secondo le regole di comportamento del reticolo dello
spazio-tempo discreto di Schild (**), ciò che si muove nel reticolo
sono le variazioni di struttura del reticolo, che si propagano in
conformità alle geometrie che sono in esso preesistenti.
((**A. Schild,
Discrete space-time and integral Lorentz transformations,
in “Physical Review,” 73, (1948), pp. 414-415,))
(( **A. Schild,
Canadian Journal of Mathematics, 1 (1949) pp. 29 47.))
Se la geometria e piatta il reticolo e perfettamente cubico e
qualunque perturbazione vi si propaga in linea retta.
Se la geometria dello spazio-tempo e sferica, come avviene in
presenza
di masse macroscopiche o elementari (particelle), il reticolo forma
un
iperbolico 3-spazio consistente dei punti che stanno su una sfera.
La struttura reticolare di tale sfera è costruita dalle
deformazioni sferiche del reticolo, precedentemente cubico,
e la perturbazione si propaga su di esse, seguendone la forma
e la geometria che esso impone allo spazio-tempo.
Secondo Schild il vettore tempo nel reticolo sferico e descritto
dalle
componenti t, x, y, z di un vettore temporale integrale primitivo,
che
soddisfa l'equazione di Minkowski per numeri interi, perciò definita
“diofantea”:
t^2 - x^2 – y^2 – z^2 = 1
Per Schild le velocità definite nel suo spazio-tempo discreto erano
le
velocità dei corpi che in esso si muovevano, tuttavia egli stesso
riconosceva che le velocità erano poco credibili per
i corpi, essendo tutte molto vicine alla velocità della luce.
Invece per la TOC le uniche velocità, concepibili nel reticolo di
Schild, sono le velocità di propagazione delle perturbazioni di
struttura del reticolo, che si muovono come onde nello spazio-tempo
discreto (la luce e qualsiasi radiazione), ed esse sono date da:
V^2 = x^2/t^2 + x^2/t^2 + z^2/ t^2
che diventano:
V = ((x^2/t^2 + x^2/t^2 + z^2/ t^2)/ t^2) ^ (1/2)
In cui riducendo la prima equazione diofantea:
t^2 – 1 = x^2 + y^2 + z^2
e sostituendo per la velocità, risulta alla fine:
V = 1/t ( (t^2 – 1 )^1/2
Ne proviene che le velocità possibili per le perturbazioni del
reticolo sono quantizzate in funzione del tempo,
essendo t* 1 = 0 ne risulta t = 2, 3, 4,.....
come unico parametro indipendente e variabile.
Questa variabilità della quantizzazione del tempo produce una
variazione finita (quantizzata) delle curvature del reticolo di
Schild, permettendo così una perfetta isotropia direzionale per la
propagazione di tutte le deformazioni strutturali del reticolo.
Ogni traiettoria di propagazione segue la geometria della curvatura
del suo spazio-tempo locale, per cui ogni fronte d’onda, pur esteso
per miliardi di celle elementari, si muove nel reticolo sferico
discreto con diverse velocità.
Essendo stata scelta c come unitaria, e cambiando notazione per le
velocità, che sono comunque velocità della luce: v = c 1
le velocità possibili nel reticolo discreto sono date da:
Per t = 1 → c1 = 0 * c = 0
per t = 2 c1 = 1/2 * 3^ (1/2) *c = 0, 866 * c
per t = 3 c1 = 2/3 * 2^ (1/2) * c
per t = 4 c1 = 1/4 * 15^ (1/2) * c
per t → ∞ infinito allora c 1 = c. Per un reticolo piatto.
Le velocità di propagazione delle perturbazioni di struttura nel
reticolo di Schild variano quindi in funzione diretta alla grandezza
del raggio del reticolo sferico che percorrono.
Perciò in un reticolo piatto, in cui t che tende a infinito, le
velocità delle perturbazioni sono esattamente uguali a c.
Se invece t e sempre più piccolo le velocità possibili sono sempre
minori, con un minimo per t = 2, per cui, in questo caso, la velocità
della luce c1 sarebbe 0, 866 * c.
---------------------------------------------
Cosa significa ciò? Quali sono le conseguenze per la luce?
--------------------------------------------
Questi, per esempio, sono i vari comportamenti dei fotoni deviati
nell'effetto Compton, nella diffrazione da un bordo, nella deviazione
della luce dalla massa del Sole, nella creazione dell'orbita di
risonanza della sorgente d'onde-elettrone e in quella del protone,
che
poi formano l'evolvente del protone e dell'elettrone.
E' evidente quindi che per il treno d'onde-fotone, che formerà
l'evolvente del protone, la velocità della luce sull'orbita di
risonanza, sarà minore di c di un valore dipendente da t p mentre nel
caso del fotone che formerà l'evolvente dell'elettrone il valore t e
sarà minore di t p, perciò la sua velocità sarà più grande.
Di conseguenza anche la velocità del fotone circolante sull'orbita di
risonanza dell'elettrone nell'atomo sarà sottoposta a questa
limitazione, e pur essendo più grande di quella per l'evolvente
dell'elettrone, sarà certamente minore della velocità della luce in
propagazione lineare c.
Quindi arriviamo ora ad una legge generale che vale, si, al livello
delle dimensioni delle celle dello spazio-tempo di Schild, ma che ha
anche effetti macroscopici notevoli, finora insospettati.
Ne concludiamo allora che la luce e la radiazione, quali
perturbazioni di struttura del reticolo di Schild, possono avere
velocità “c1”, inferiori o al limite uguali a “c”, in funzione del
“periodo quantizzato” dell'orbita che percorrono.
Dove t e da considerarsi come un tempo variabile, che e una somma di
quanti di tempo elementari T, pari al tempo di percorrenza della
perturbazione di tutte le celle che formano, sul reticolo a
deformazione sferica, la lunghezza dell'orbita.
Quindi la velocità c1 della velocità della luce sull'orbita risulta
numericamente inferiore a c.
Per cui qui sorge un inevitabile distinguo sul modo più adeguato di
descrivere il periodo di una qualsiasi orbita o curva percorsa dalla
luce.
Per la luce, il periodo “ t ”, per un'orbita qualsiasi, era descritto
finora in funzione del raggio, e quindi, volendo, lo si poteva anche
descrivere in funzione del diametro dell'orbita.
Ora pero non possiamo più fare entrambe le cose, infatti, al
contrario
di prima, non possiamo essere indifferenti -contemporaneamente- al
valore della velocità ed alla traiettoria, o all'orbita considerata.
La velocità della luce con valore c può essere adottata per una
traiettoria lineare, ma non può più essere usata anche per una
traiettoria circolare, ad essa va sostituita la velocità c 1.
In tal caso il periodo deve essere descritto nella formula della
velocità c1 a partire dal tempo di percorrenza lineare del diametro
dell'orbita con velocità c.
Il quale, una volta introdotto nella formula quantizzata della
velocità della luce sull'orbita, produce una precisa velocità c1 per
ogni orbita così quantizzata.
Anche Einstein ci viene in aiuto per sostenere questa
variabilità della velocità della luce.
Infatti esiste una sua dichiarazione sulla variazione della
velocità della luce in funzione della curvatura della sua
propagazione.
“In secondo luogo il nostro risultato mostra, in accordo con la
teoria
della relatività generale, che la legge della costanza della velocità
della luce nel vuoto, che costituisce una delle due fondamentali
assunzioni nella teoria della relatività speciale ed alla quale noi
ci
siamo già frequentemente riferiti, non può rivendicare nessuna
validità illimitata.
Una curvatura dei raggi di luce può solo avere
luogo quando la velocità della propagazione della luce varia con la
posizione”.
**“In the second place our result shows that, according to the
general
theory of relativity, the law of the constancy of the velocity of
light in vacuo, which constitutes one of the two fundamental
assumptions in the special theory of relativity and to which we
have already frequently referred, cannot claim any unlimited validity.
A curvature of rays of light can only take place when the velocity of
propagation of light varies with position”.
(**Albert Einstein: Relativity. Part II: The General Theory of
Relativity Cap22).
Ciò dimostra,non solo che la variabilità di Schild è sensata, ma
che tutto il ragionamento sulla variabilità della luce che porta
a considerare le onde dell’elettrone in circolazione sull’orbita
in risonanza nell’atomo è molto bene ancorato alla Relatività.
Si arriva quindi ad una quantizzazione della velocità della luce per
numeri interi considerando le leggi di risonanza sulle orbite
dell’atomo.
Le velocità quantizzate, per la luce in circolazione su ogni orbita
possibile di risonanza, portano necessariamente a considerare solo
orbite quantizzate, ma questo già si sapeva.
E non e nuovo che tali orbite dipendano da numeri interi, infatti le
orbite stabili, permesse all'elettrone nell'atomo di Bohr, sono
dipendenti dal quadrato di n per n numero intero = 1, 2, 3, 4,......
E questo e un preciso segnale che le orbite permesse sono funzione
della regola ferrea della risonanza ondulatoria delle onde elementari
discrete, che esige che ci siano sull'orbita solo multipli “interi” di
lunghezze d'onda.
A differenza delle onde sinusoidali continue, per le quali la
risonanza esige che ci siano orbite o cammini ondulatori che siano
multipli di “mezze” lunghezze d'onda.
Resta il fatto pero che persino io, nonostante abbia gia da tempo
riconosciuto le esigenze all'osservanza della legge per la risonanza
delle onde, ho continuato ad accettare per trenta e più anni che la
costante di struttura fine distribuisse lungo l'orbita atomica
dell'Idrogeno un numero 137,03599976 chiaramente decimale, di
superfici d'onda provenienti dalla sorgente d'onde elettrone.
Ma ora mi sono reso conto, finalmente, che l'incongruenza pur essendo
rimasta invisibile ai mie stessi occhi per molti anni, non può più
essere sostenuta, ed ora con la variabilità della velocità della
luce,
si può dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio, che la costante di
struttura fine deve essere un numero intero, e che essa non e una
costante, ma una variabile.
Ma certamente qualcuno se ne era già accorto prima di me, avendo essa
il valore di circa 1/128 per le energie elevate, al livello dei Gev,
come per le particelle W ± .
La cosa non ha finora comunque portato a significative modifiche alla
Costante di Struttura Fine.
E questo e diventato un terribile tarlo all’interno del Modello
Standard,che l’avrebbe un giorno distrutto dall’interno, e che la QM
ha tentato di esorcizzare assegnando ad esso un’etichetta conciliante
chiamata: “Anomalia del momento magnetico dell’elettrone”.
Più avanti daremo sufficienti stimoli a questo tarlo, che ormai e
divenuto un tale mostro, da consentirgli di mangiarsi tutta intera la
meccanica quantistica, che gli ha dato vita.
Ora invece verificheremo assieme che quella che chiamavamo
“costante di struttura fine” (csf) deve essere interpretata invece
come una nuova “variabile di struttura” (vs).
Essa e la chiave di volta che regge la comprensione causale della
struttura ondulatoria dell'atomo, ma e anche un parametro
fondamentale
nell'interpretazione ondulatoria delle masse delle particelle, e di
molto altro ancora.
Ma la domanda più semplice, che tuttavia è ancora la
domanda chiave, è sempre la stessa per tutti i fisici dalla sua
scoperta ad oggi : ... PERCHE' 1/137 ?
Ora abbiamo molti più argomenti per poter rispondere ai perché, e non
possiamo più sottrarci, tanto più che con essi potremo giustificare
l'architettura ondulatoria delle particelle e dell’atomo per mezzo
della variabilità della velocità della luce.
Si tratta di analizzare la struttura ed i livelli di energia
dell’atomo d’Idrogeno, all’interno dello schema ondulatorio, sotto
l’ipotesi che la velocità della luce per la propagazione delle onde
dell’elettrone sia sottoposta alle regole di propagazione proprie
delle perturbazioni di struttura dello spazio-tempo di Schild.
Su questa base si verifica come il rapporto c1 / Ve
tra la velocità c1 delle onde dell’elettrone sulla prima orbita di
risonanza dell’atomo d’Idrogeno, e la velocità Ve ,
necessaria al mantenimento di un’orbita stabile per l’elettrone,
possa
verosimilmente risultare pari al numero esatto 137, invece che
all’attuale numero decimale: 137, 03599976.
Un numero esatto che non dipende da alcuna inclinazione numerologica,
ma che ha la sua esigenza specifica nell'aderenza del modello
ondulatorio alle leggi di risonanza delle onde elementari dello
spaziotempo di Schild.
Nel quale si pretende che ogni condizione di risonanza per le
onde elementari sia soddisfatta solo per un numero “intero” di onde .
Finora tale numero, che nell'atomo identificavanella TOC l’inverso
della
costante di struttura fine, era derivato da una formula nella quale
il
valore della velocità della luce < c > nel vuoto era considerato come
un fondamentale dato di base nel calcolo scientifico nella costante.
Per la Teoria Ondulatoria del Campo, sulla prima orbita di risonanza
dell'atomo di idrogeno circola la sorgente d'onda elettrone, e le
onde
sorgenti dall'elettrone esistono in condizione di risonanza con un
numero intero di onde che occupa tutta l'orbita percorsa
dall’elettrone.
Se per assurdo l'elettrone fosse fermo sull'orbita di risonanza la
lunghezza d'onda delle onde circolanti sul orbita sarebbe quella
emessa dall'elettrone in stato di quiete, cioè la lunghezza d'onda
Compton.
In realtà pero l'elettrone circola sulla prima orbita di risonanza
dell'atomo di idrogeno con una velocità adatta a produrre una forza
centrifuga che gli permetta di mantenersi a distanza dal protone, di
carica positiva, che tenderebbe ad attirarlo verso di esso.
Le velocità delle onde emesse in entrambi i sensi dall'elettrone,
quale sorgente d'onde sferiche, sono condizionate dalle nuove regole
dello spazio-tempo di Schild, per cui la velocità della luce c1 ora
descrive il valore della velocità delle onde che circolano
sull’orbita
di risonanza.
Infatti se vogliamo essere coerenti con ciò che abbiamo trovato
finora, è chiaro che il modello ondulatorio dell'atomo deve essere
adeguato, in funzione della velocità delle sue onde sull'orbita di
risonanza in base alle nuove leggi della risonanza adulatoria.
Le sue onde sono quindi sottoposte alle condizioni imposte
dall'effetto Doppler, per cui le lunghezze d'onda emesse nel senso
della velocità sono più corte, mentre le lunghezze d'onda emesse in
senso contrario alla velocità sono più lunghe di quelle emesse dal
elettrone e stato di quiete.
La formula relativistica dell’effetto Doppler utilizzata per il
numero d’onda, il cui inverso descrive la variazione relativistica
della lunghezza d’onda Compton dell'elettrone.
Una volta verificata matematicamente la formula si verifica che
sull’orbita percorsa dall’elettrone in stato di risonanza circolano,
esattamente, 138 superfici d’onda, di lunghezza d’onda (lambda e 1)
più corta di quella di quiete dell’elettrone.
Mentre, ruotando in senso contrario al moto dell’elettrone, circolano,
altrettanto esattamente, 136 superfici d’onda, che hanno tra loro una
lunghezza d’onda (lambda e 2) più lunga di quella di quiete
dell’elettrone.
In pratica la lunghezza d’onda di quiete dell’elettrone che si
propaga
nel senso della velocità dell’elettrone si accorcia esattamente di un
1/138°, mentre quella che si propaga sull’orbita in senso contrario
al
moto si allunga esattamente di un 1/136°.
Il modello della risonanza, completo per le lunghezze d’onda Doppler,
ci informa inoltre che, per 1 giro compiuto dall’elettrone, le
superfici d’onda che lo precedono viaggiando alla velocità c1 lungo
l’orbita, compiono 136 giri.
Per cui la velocità delle onde sulla prima orbita dell’atomo
d’idrogeno e c 1 < c per c 1 = 299.713.701, 57484780619 m /s
Con questo abbiamo dimostrato, secondo la logica della discontinuità
di Schild, la tesi che ci siamo proposti, e cioè
che il vero valore di 1/alfa è un numero intero pari a
(138 +136 ) / 2 = 137.
Con le assunzioni delle regole di variazione di c, proprie dello
spaziotempo di Schild, e quindi in coerenza con la TOC che da essa
deriva, abbiamo dimostrato la plausibilità della variazione di c al
suo interno, e come questo comporti, per pura necessità e coerenza,
l’osservanza della legge di risonanza delle onde elementari per
numeri
interi.
Ora e facile capire la contemporanea esistenza, in condizione di
risonanza, delle due onde che si propagano, l’una in senso contrario
all’altra lungo l’orbita di risonanza su cui circola l’elettrone.
Qui inoltre si possono verificare quelle condizioni “fisiche” di
sovrapposizione delle onde, che precedentemente, avevamo postulato
come condizioni formali, dalle quali derivammo, solo in modo
matematico, la descrizione ondulatoria di de Broglie dall’ipotesi di
sovrapposizione proposta da Claude Elbaz.
Allora le due onde erano solo supposte esistere come onde
sovrapponibili “formalmente”.
Qui sono invece evidenti le condizioni di reale sovrapposizione fisica
dei due treni d’onda, che hanno frequenze diverse,
ma che esistono contemporaneamente, circolando
nello stesso “tubo orbitale”, l'uno in direzione opposta all'altro.
C’è un altro mistero che con la visione ondulatoria si
chiarisce, e questo si trova proprio nel cuore della Meccanica
Quantistica.
L’interpretazione probabilistica che la Meccanica Quantistica fa
della
funzione d’onda di Schrodinger Y, dovrebbe servire a stabilire la
probabilità di trovare l’elettrone in un qualche luogo intorno al
protone.
Le perplessità sull’interpretazione probabilistica della funzione Y
furono espresse chiaramente da Eddington fin dal 1927:
Questa probabilità è affermata proporzionale a Y 2, invece che a Y.
L’interpretazione è molto oscura, ma sembra dipendere dal considerare
la probabilità dopo che si sa che cosa è avvenuto, o la probabilità a
semplice scopo di predizione.
Si ottiene Y 2 introducendo due sistemi simmetrici di onde Y
viaggianti in direzioni opposte nel tempo, presumibilmente uno di
questi deve corrispondere alla deduzione probabile da ciò che si
conosce (o si enuncia) esser stata la condizione in un tempo
posteriore.
E fino ad oggi il mistero e il dubbio non era mai stato risolto
fisicamente, tantomeno nell’ambito della Meccanica Quantistica.
Ora i dubbi sull’interpretazione “fisica” non dovrebbero più
sussistere.
Le due onde esistono veramente e viaggiano “realmente”
sull’orbita di risonanza dell’atomo, l’una in senso contrario
all’altra.
Anche chi volesse perseverare diabolicamente nell’interpretazione
probabilistica, dovrebbe comunque riconoscere, suo malgrado, che il
nuovo modello ondulatorio migliora persino la comprensione della
funzione ritardata e anticipata della probabilità.
Se volete verificare tutto il ragionamento che porta alla prova
definitiva di ciò che avete letto con incredulità, via via crescente,
non vi resta che leggere il nuovo libro.
Comunque se non avete i 22 Euro da investire per la Vs conoscenza
della fisica, potete almeno studiarvi per bene il Sito sottocitato.
Vostro (si fa per dire) :<))
Walter E. R. Cassani
***@virgilio.it
http://www.albertavevaragione.com
L'inattesa Variabilità della Luce porta la
Costante di Struttura Fine all'intero 137.
Come si può vedere dalla TOC http://www.albertavevaragione.com
secondo le regole di comportamento del reticolo dello
spazio-tempo discreto di Schild (**), ciò che si muove nel reticolo
sono le variazioni di struttura del reticolo, che si propagano in
conformità alle geometrie che sono in esso preesistenti.
((**A. Schild,
Discrete space-time and integral Lorentz transformations,
in “Physical Review,” 73, (1948), pp. 414-415,))
(( **A. Schild,
Canadian Journal of Mathematics, 1 (1949) pp. 29 47.))
Se la geometria e piatta il reticolo e perfettamente cubico e
qualunque perturbazione vi si propaga in linea retta.
Se la geometria dello spazio-tempo e sferica, come avviene in
presenza
di masse macroscopiche o elementari (particelle), il reticolo forma
un
iperbolico 3-spazio consistente dei punti che stanno su una sfera.
La struttura reticolare di tale sfera è costruita dalle
deformazioni sferiche del reticolo, precedentemente cubico,
e la perturbazione si propaga su di esse, seguendone la forma
e la geometria che esso impone allo spazio-tempo.
Secondo Schild il vettore tempo nel reticolo sferico e descritto
dalle
componenti t, x, y, z di un vettore temporale integrale primitivo,
che
soddisfa l'equazione di Minkowski per numeri interi, perciò definita
“diofantea”:
t^2 - x^2 – y^2 – z^2 = 1
Per Schild le velocità definite nel suo spazio-tempo discreto erano
le
velocità dei corpi che in esso si muovevano, tuttavia egli stesso
riconosceva che le velocità erano poco credibili per
i corpi, essendo tutte molto vicine alla velocità della luce.
Invece per la TOC le uniche velocità, concepibili nel reticolo di
Schild, sono le velocità di propagazione delle perturbazioni di
struttura del reticolo, che si muovono come onde nello spazio-tempo
discreto (la luce e qualsiasi radiazione), ed esse sono date da:
V^2 = x^2/t^2 + x^2/t^2 + z^2/ t^2
che diventano:
V = ((x^2/t^2 + x^2/t^2 + z^2/ t^2)/ t^2) ^ (1/2)
In cui riducendo la prima equazione diofantea:
t^2 – 1 = x^2 + y^2 + z^2
e sostituendo per la velocità, risulta alla fine:
V = 1/t ( (t^2 – 1 )^1/2
Ne proviene che le velocità possibili per le perturbazioni del
reticolo sono quantizzate in funzione del tempo,
essendo t* 1 = 0 ne risulta t = 2, 3, 4,.....
come unico parametro indipendente e variabile.
Questa variabilità della quantizzazione del tempo produce una
variazione finita (quantizzata) delle curvature del reticolo di
Schild, permettendo così una perfetta isotropia direzionale per la
propagazione di tutte le deformazioni strutturali del reticolo.
Ogni traiettoria di propagazione segue la geometria della curvatura
del suo spazio-tempo locale, per cui ogni fronte d’onda, pur esteso
per miliardi di celle elementari, si muove nel reticolo sferico
discreto con diverse velocità.
Essendo stata scelta c come unitaria, e cambiando notazione per le
velocità, che sono comunque velocità della luce: v = c 1
le velocità possibili nel reticolo discreto sono date da:
Per t = 1 → c1 = 0 * c = 0
per t = 2 c1 = 1/2 * 3^ (1/2) *c = 0, 866 * c
per t = 3 c1 = 2/3 * 2^ (1/2) * c
per t = 4 c1 = 1/4 * 15^ (1/2) * c
per t → ∞ infinito allora c 1 = c. Per un reticolo piatto.
Le velocità di propagazione delle perturbazioni di struttura nel
reticolo di Schild variano quindi in funzione diretta alla grandezza
del raggio del reticolo sferico che percorrono.
Perciò in un reticolo piatto, in cui t che tende a infinito, le
velocità delle perturbazioni sono esattamente uguali a c.
Se invece t e sempre più piccolo le velocità possibili sono sempre
minori, con un minimo per t = 2, per cui, in questo caso, la velocità
della luce c1 sarebbe 0, 866 * c.
---------------------------------------------
Cosa significa ciò? Quali sono le conseguenze per la luce?
--------------------------------------------
Questi, per esempio, sono i vari comportamenti dei fotoni deviati
nell'effetto Compton, nella diffrazione da un bordo, nella deviazione
della luce dalla massa del Sole, nella creazione dell'orbita di
risonanza della sorgente d'onde-elettrone e in quella del protone,
che
poi formano l'evolvente del protone e dell'elettrone.
E' evidente quindi che per il treno d'onde-fotone, che formerà
l'evolvente del protone, la velocità della luce sull'orbita di
risonanza, sarà minore di c di un valore dipendente da t p mentre nel
caso del fotone che formerà l'evolvente dell'elettrone il valore t e
sarà minore di t p, perciò la sua velocità sarà più grande.
Di conseguenza anche la velocità del fotone circolante sull'orbita di
risonanza dell'elettrone nell'atomo sarà sottoposta a questa
limitazione, e pur essendo più grande di quella per l'evolvente
dell'elettrone, sarà certamente minore della velocità della luce in
propagazione lineare c.
Quindi arriviamo ora ad una legge generale che vale, si, al livello
delle dimensioni delle celle dello spazio-tempo di Schild, ma che ha
anche effetti macroscopici notevoli, finora insospettati.
Ne concludiamo allora che la luce e la radiazione, quali
perturbazioni di struttura del reticolo di Schild, possono avere
velocità “c1”, inferiori o al limite uguali a “c”, in funzione del
“periodo quantizzato” dell'orbita che percorrono.
Dove t e da considerarsi come un tempo variabile, che e una somma di
quanti di tempo elementari T, pari al tempo di percorrenza della
perturbazione di tutte le celle che formano, sul reticolo a
deformazione sferica, la lunghezza dell'orbita.
Quindi la velocità c1 della velocità della luce sull'orbita risulta
numericamente inferiore a c.
Per cui qui sorge un inevitabile distinguo sul modo più adeguato di
descrivere il periodo di una qualsiasi orbita o curva percorsa dalla
luce.
Per la luce, il periodo “ t ”, per un'orbita qualsiasi, era descritto
finora in funzione del raggio, e quindi, volendo, lo si poteva anche
descrivere in funzione del diametro dell'orbita.
Ora pero non possiamo più fare entrambe le cose, infatti, al
contrario
di prima, non possiamo essere indifferenti -contemporaneamente- al
valore della velocità ed alla traiettoria, o all'orbita considerata.
La velocità della luce con valore c può essere adottata per una
traiettoria lineare, ma non può più essere usata anche per una
traiettoria circolare, ad essa va sostituita la velocità c 1.
In tal caso il periodo deve essere descritto nella formula della
velocità c1 a partire dal tempo di percorrenza lineare del diametro
dell'orbita con velocità c.
Il quale, una volta introdotto nella formula quantizzata della
velocità della luce sull'orbita, produce una precisa velocità c1 per
ogni orbita così quantizzata.
Anche Einstein ci viene in aiuto per sostenere questa
variabilità della velocità della luce.
Infatti esiste una sua dichiarazione sulla variazione della
velocità della luce in funzione della curvatura della sua
propagazione.
“In secondo luogo il nostro risultato mostra, in accordo con la
teoria
della relatività generale, che la legge della costanza della velocità
della luce nel vuoto, che costituisce una delle due fondamentali
assunzioni nella teoria della relatività speciale ed alla quale noi
ci
siamo già frequentemente riferiti, non può rivendicare nessuna
validità illimitata.
Una curvatura dei raggi di luce può solo avere
luogo quando la velocità della propagazione della luce varia con la
posizione”.
**“In the second place our result shows that, according to the
general
theory of relativity, the law of the constancy of the velocity of
light in vacuo, which constitutes one of the two fundamental
assumptions in the special theory of relativity and to which we
have already frequently referred, cannot claim any unlimited validity.
A curvature of rays of light can only take place when the velocity of
propagation of light varies with position”.
(**Albert Einstein: Relativity. Part II: The General Theory of
Relativity Cap22).
Ciò dimostra,non solo che la variabilità di Schild è sensata, ma
che tutto il ragionamento sulla variabilità della luce che porta
a considerare le onde dell’elettrone in circolazione sull’orbita
in risonanza nell’atomo è molto bene ancorato alla Relatività.
Si arriva quindi ad una quantizzazione della velocità della luce per
numeri interi considerando le leggi di risonanza sulle orbite
dell’atomo.
Le velocità quantizzate, per la luce in circolazione su ogni orbita
possibile di risonanza, portano necessariamente a considerare solo
orbite quantizzate, ma questo già si sapeva.
E non e nuovo che tali orbite dipendano da numeri interi, infatti le
orbite stabili, permesse all'elettrone nell'atomo di Bohr, sono
dipendenti dal quadrato di n per n numero intero = 1, 2, 3, 4,......
E questo e un preciso segnale che le orbite permesse sono funzione
della regola ferrea della risonanza ondulatoria delle onde elementari
discrete, che esige che ci siano sull'orbita solo multipli “interi” di
lunghezze d'onda.
A differenza delle onde sinusoidali continue, per le quali la
risonanza esige che ci siano orbite o cammini ondulatori che siano
multipli di “mezze” lunghezze d'onda.
Resta il fatto pero che persino io, nonostante abbia gia da tempo
riconosciuto le esigenze all'osservanza della legge per la risonanza
delle onde, ho continuato ad accettare per trenta e più anni che la
costante di struttura fine distribuisse lungo l'orbita atomica
dell'Idrogeno un numero 137,03599976 chiaramente decimale, di
superfici d'onda provenienti dalla sorgente d'onde elettrone.
Ma ora mi sono reso conto, finalmente, che l'incongruenza pur essendo
rimasta invisibile ai mie stessi occhi per molti anni, non può più
essere sostenuta, ed ora con la variabilità della velocità della
luce,
si può dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio, che la costante di
struttura fine deve essere un numero intero, e che essa non e una
costante, ma una variabile.
Ma certamente qualcuno se ne era già accorto prima di me, avendo essa
il valore di circa 1/128 per le energie elevate, al livello dei Gev,
come per le particelle W ± .
La cosa non ha finora comunque portato a significative modifiche alla
Costante di Struttura Fine.
E questo e diventato un terribile tarlo all’interno del Modello
Standard,che l’avrebbe un giorno distrutto dall’interno, e che la QM
ha tentato di esorcizzare assegnando ad esso un’etichetta conciliante
chiamata: “Anomalia del momento magnetico dell’elettrone”.
Più avanti daremo sufficienti stimoli a questo tarlo, che ormai e
divenuto un tale mostro, da consentirgli di mangiarsi tutta intera la
meccanica quantistica, che gli ha dato vita.
Ora invece verificheremo assieme che quella che chiamavamo
“costante di struttura fine” (csf) deve essere interpretata invece
come una nuova “variabile di struttura” (vs).
Essa e la chiave di volta che regge la comprensione causale della
struttura ondulatoria dell'atomo, ma e anche un parametro
fondamentale
nell'interpretazione ondulatoria delle masse delle particelle, e di
molto altro ancora.
Ma la domanda più semplice, che tuttavia è ancora la
domanda chiave, è sempre la stessa per tutti i fisici dalla sua
scoperta ad oggi : ... PERCHE' 1/137 ?
Ora abbiamo molti più argomenti per poter rispondere ai perché, e non
possiamo più sottrarci, tanto più che con essi potremo giustificare
l'architettura ondulatoria delle particelle e dell’atomo per mezzo
della variabilità della velocità della luce.
Si tratta di analizzare la struttura ed i livelli di energia
dell’atomo d’Idrogeno, all’interno dello schema ondulatorio, sotto
l’ipotesi che la velocità della luce per la propagazione delle onde
dell’elettrone sia sottoposta alle regole di propagazione proprie
delle perturbazioni di struttura dello spazio-tempo di Schild.
Su questa base si verifica come il rapporto c1 / Ve
tra la velocità c1 delle onde dell’elettrone sulla prima orbita di
risonanza dell’atomo d’Idrogeno, e la velocità Ve ,
necessaria al mantenimento di un’orbita stabile per l’elettrone,
possa
verosimilmente risultare pari al numero esatto 137, invece che
all’attuale numero decimale: 137, 03599976.
Un numero esatto che non dipende da alcuna inclinazione numerologica,
ma che ha la sua esigenza specifica nell'aderenza del modello
ondulatorio alle leggi di risonanza delle onde elementari dello
spaziotempo di Schild.
Nel quale si pretende che ogni condizione di risonanza per le
onde elementari sia soddisfatta solo per un numero “intero” di onde .
Finora tale numero, che nell'atomo identificavanella TOC l’inverso
della
costante di struttura fine, era derivato da una formula nella quale
il
valore della velocità della luce < c > nel vuoto era considerato come
un fondamentale dato di base nel calcolo scientifico nella costante.
Per la Teoria Ondulatoria del Campo, sulla prima orbita di risonanza
dell'atomo di idrogeno circola la sorgente d'onda elettrone, e le
onde
sorgenti dall'elettrone esistono in condizione di risonanza con un
numero intero di onde che occupa tutta l'orbita percorsa
dall’elettrone.
Se per assurdo l'elettrone fosse fermo sull'orbita di risonanza la
lunghezza d'onda delle onde circolanti sul orbita sarebbe quella
emessa dall'elettrone in stato di quiete, cioè la lunghezza d'onda
Compton.
In realtà pero l'elettrone circola sulla prima orbita di risonanza
dell'atomo di idrogeno con una velocità adatta a produrre una forza
centrifuga che gli permetta di mantenersi a distanza dal protone, di
carica positiva, che tenderebbe ad attirarlo verso di esso.
Le velocità delle onde emesse in entrambi i sensi dall'elettrone,
quale sorgente d'onde sferiche, sono condizionate dalle nuove regole
dello spazio-tempo di Schild, per cui la velocità della luce c1 ora
descrive il valore della velocità delle onde che circolano
sull’orbita
di risonanza.
Infatti se vogliamo essere coerenti con ciò che abbiamo trovato
finora, è chiaro che il modello ondulatorio dell'atomo deve essere
adeguato, in funzione della velocità delle sue onde sull'orbita di
risonanza in base alle nuove leggi della risonanza adulatoria.
Le sue onde sono quindi sottoposte alle condizioni imposte
dall'effetto Doppler, per cui le lunghezze d'onda emesse nel senso
della velocità sono più corte, mentre le lunghezze d'onda emesse in
senso contrario alla velocità sono più lunghe di quelle emesse dal
elettrone e stato di quiete.
La formula relativistica dell’effetto Doppler utilizzata per il
numero d’onda, il cui inverso descrive la variazione relativistica
della lunghezza d’onda Compton dell'elettrone.
Una volta verificata matematicamente la formula si verifica che
sull’orbita percorsa dall’elettrone in stato di risonanza circolano,
esattamente, 138 superfici d’onda, di lunghezza d’onda (lambda e 1)
più corta di quella di quiete dell’elettrone.
Mentre, ruotando in senso contrario al moto dell’elettrone, circolano,
altrettanto esattamente, 136 superfici d’onda, che hanno tra loro una
lunghezza d’onda (lambda e 2) più lunga di quella di quiete
dell’elettrone.
In pratica la lunghezza d’onda di quiete dell’elettrone che si
propaga
nel senso della velocità dell’elettrone si accorcia esattamente di un
1/138°, mentre quella che si propaga sull’orbita in senso contrario
al
moto si allunga esattamente di un 1/136°.
Il modello della risonanza, completo per le lunghezze d’onda Doppler,
ci informa inoltre che, per 1 giro compiuto dall’elettrone, le
superfici d’onda che lo precedono viaggiando alla velocità c1 lungo
l’orbita, compiono 136 giri.
Per cui la velocità delle onde sulla prima orbita dell’atomo
d’idrogeno e c 1 < c per c 1 = 299.713.701, 57484780619 m /s
Con questo abbiamo dimostrato, secondo la logica della discontinuità
di Schild, la tesi che ci siamo proposti, e cioè
che il vero valore di 1/alfa è un numero intero pari a
(138 +136 ) / 2 = 137.
Con le assunzioni delle regole di variazione di c, proprie dello
spaziotempo di Schild, e quindi in coerenza con la TOC che da essa
deriva, abbiamo dimostrato la plausibilità della variazione di c al
suo interno, e come questo comporti, per pura necessità e coerenza,
l’osservanza della legge di risonanza delle onde elementari per
numeri
interi.
Ora e facile capire la contemporanea esistenza, in condizione di
risonanza, delle due onde che si propagano, l’una in senso contrario
all’altra lungo l’orbita di risonanza su cui circola l’elettrone.
Qui inoltre si possono verificare quelle condizioni “fisiche” di
sovrapposizione delle onde, che precedentemente, avevamo postulato
come condizioni formali, dalle quali derivammo, solo in modo
matematico, la descrizione ondulatoria di de Broglie dall’ipotesi di
sovrapposizione proposta da Claude Elbaz.
Allora le due onde erano solo supposte esistere come onde
sovrapponibili “formalmente”.
Qui sono invece evidenti le condizioni di reale sovrapposizione fisica
dei due treni d’onda, che hanno frequenze diverse,
ma che esistono contemporaneamente, circolando
nello stesso “tubo orbitale”, l'uno in direzione opposta all'altro.
C’è un altro mistero che con la visione ondulatoria si
chiarisce, e questo si trova proprio nel cuore della Meccanica
Quantistica.
L’interpretazione probabilistica che la Meccanica Quantistica fa
della
funzione d’onda di Schrodinger Y, dovrebbe servire a stabilire la
probabilità di trovare l’elettrone in un qualche luogo intorno al
protone.
Le perplessità sull’interpretazione probabilistica della funzione Y
furono espresse chiaramente da Eddington fin dal 1927:
Questa probabilità è affermata proporzionale a Y 2, invece che a Y.
L’interpretazione è molto oscura, ma sembra dipendere dal considerare
la probabilità dopo che si sa che cosa è avvenuto, o la probabilità a
semplice scopo di predizione.
Si ottiene Y 2 introducendo due sistemi simmetrici di onde Y
viaggianti in direzioni opposte nel tempo, presumibilmente uno di
questi deve corrispondere alla deduzione probabile da ciò che si
conosce (o si enuncia) esser stata la condizione in un tempo
posteriore.
E fino ad oggi il mistero e il dubbio non era mai stato risolto
fisicamente, tantomeno nell’ambito della Meccanica Quantistica.
Ora i dubbi sull’interpretazione “fisica” non dovrebbero più
sussistere.
Le due onde esistono veramente e viaggiano “realmente”
sull’orbita di risonanza dell’atomo, l’una in senso contrario
all’altra.
Anche chi volesse perseverare diabolicamente nell’interpretazione
probabilistica, dovrebbe comunque riconoscere, suo malgrado, che il
nuovo modello ondulatorio migliora persino la comprensione della
funzione ritardata e anticipata della probabilità.
Se volete verificare tutto il ragionamento che porta alla prova
definitiva di ciò che avete letto con incredulità, via via crescente,
non vi resta che leggere il nuovo libro.
Comunque se non avete i 22 Euro da investire per la Vs conoscenza
della fisica, potete almeno studiarvi per bene il Sito sottocitato.
Vostro (si fa per dire) :<))
Walter E. R. Cassani
***@virgilio.it
http://www.albertavevaragione.com